Lagole

Lagole

Il progetto fotografico “Lagole” nasce come reportage storico-naturalistico con l’intento di far conoscere al pubblico un luogo apparentemente “comune”, ma che in realtà racchiude in sé una storia millenaria che ha inizio agli albori delle prime civiltà paleo-venete. 

La località in questione, chiamata per l’appunto “Lagole”, è sita nel comune di Calalzo di Cadore, sulle sponde di un lago artificiale nato negli anni cinquanta del novecento, vicino al maggiormente noto comune di Pieve di Cadore, paese natale del celebre pittore Tiziano. In questo luogo, già a partire dall’età del ferro, sorse un’importante santuario per il culto di Trumusiate, divinità dai poteri sananti, frequentato per più di un millennio dalle popolazioni indigene paleo-venete, dai Celti e successivamente anche dai Romani. Con l’avvento del cristianesimo tale luogo di culto fu abbandonato e distrutto, ma non smise di essere frequentato per via delle sue importanti sorgenti dalle proprietà curative. Ed è proprio l’acqua l’elemento chiave della località, un’acqua fredda proveniente dai ghiacciai dolomitici, ricca di minerali e residui sulfurei in grado, secondo la tradizione popolare, di attenuare gonfiori ed ematomi, di velocizzare la guarigione delle ferite e di migliorare le malattie della pelle e i disturbi intestinali. Un’acqua che forma nel suo tragitto rivoli, ruscelli e laghetti attorno ai quali nei secoli si sono sviluppate leggende ed usanze, come quella perpetuata tutt’oggi dalle donne e dalle ragazze del luogo, che si immergono nelle fredde acque del “laghetto delle tose” per preservare la loro giovinezza. Vista l’elevata concentrazione di sali minerali nell’acqua, e in particolare di solfuri, il luogo si presenta come un’esplosione di colori che virano dalle tonalità gialle-arancioni delle rocce e della sabbia, al verde smeraldo del Laghetto delle Tose, il tutto immerso in un rigoglioso bosco di abeti rossi che dona alla zona un’atmosfera magica.

La leggenda di Bianca

In un tempo remoto, secondo la leggenda, esisteva un dio di nome Trumus Icatei, una divinità buona che aveva a cuore il destino degli uomini, ne curava le ferite, poteva donare la vita ed era in grado di guarirne l’infertilità. Trumus Icatei viveva in un luogo appartato, nascosto tra le montagne del Cadore, dove le acque dei vicini ghiacciai sorgevano in superficie, creando un’intricato complesso di ruscelli e laghetti chiamato “Lagole”.
Le donne dei villaggi vicini si recavano sovente in questo luogo, speranzose di poter mantenere intatta la loro bellezza e di aumentare la loro fertilità; proprio per questo esse facevano il bagno di notte, d’estate, nel Laghetto delle Tose, il più profondo dei laghetti lì presenti. 
In una sfortunata notte d’agosto, partecipò al comune rito anche Bianca, una splendida fanciulla, secondo alcuni la più bella, figlia del capo del villaggio. Ma quella notte le donne non erano sole: con esse c’erano le Anguane, ninfe malvagie dai piedi porcini che vivevano isolate dalla civiltà, covando un forte rancore nei confronti di quelle fanciulle che avevano ciò che esse desideravano di più: la bellezza.
Così quella notte le Anguane massacrarono, a colpi di zoccolo, tutte le ragazze del villaggio, tra le quali la povera Bianca. 

Quando gli uomini, udite le grida, accorsero per cercare di evitare il peggio, il massacro era già stato consumato, e non poterono far altro che raccogliere il corpo di Bianca, adagiarlo su di una barella, e trasportarlo verso le vette delle Marmarole per rendervi omaggio. 
Trumus Icatei, vista la scena, si impietosì e vendicò la morte delle fanciulle tramutando l’acqua di Lagole in veleno, uccidendo così tutte le Anguane. Ma non si limitò a questo: dalle gocce di sangue della povera Bianca fece nascere tanti candidi fiorellini e decise di trasformare il corpo della fanciulla in roccia, formando così la splendida ed imperitura cima, che ancora oggi possiamo ammirare, chiamata “Croda Bianca”.